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Vuoti e pieni della strategia cinese in Libia

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“La Cina ha preso atto dei recenti sviluppi in Libia ed esprime rammarico per gli attacchi militari contro la Libia […] e si è sempre opposta all’uso della forza nelle relazioni internazionali”.


Questa l’ultima dichiarazione ufficiale che giunge da Pechino nelle ore di attacco aereo guidato dalle forze multinazionali sulla Libia per imporre la
no fly zone, come prescritto nella Risoluzione 1973 emessa dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Per definire la posizione della Cina , l’agenzia governativa Xinhua ha citato le parole del portavoce del Ministero degli Esteri Jiang Yu, che ha ha ribadito la necessità di riportare la stabilità nel più breve tempo possibile ed evitare ulteriori vittime civili a causa di una escalation di conflitti armati”, nel rispetto della “sovranità, indipendenza, unità e integrità territoriale” della Libia.

Il sostegno cinese alla sospensione della Libia nel Consiglio dei diritti umani di Ginevra e alle sanzioni contro la Libia, il congelamento dei beni di Muammar Gheddafi e il rinvio alla Corte Penale Internazionale della situazione libica per grave violazione dei diritti umani, decisi in sede di Consiglio di Sicurezza, aveva sorpreso la comunità internazionale, per l’insolita presa di posizione.

Proprio nei giorni in cui il Paese di Mezzo aveva assunto la presidenza mensile di turno del Consiglio, Li Baodong, ambasciatore cinese alle Nazioni Unite, aveva sottolineato l’importanza strategica della Libia per la stabilità regionale e l’obiettivo cinese di lavorare “per rafforzare la comprensione tra i membri del Consiglio e delle Nazioni Unite e la Segreteria”.

Se il principio di non ingerenza negli affari interni di un Paese è il dictat che guida le scelte cinesi nell’arena internazionale, è anche vero che l’approccio di Pechino alla questione libica si è rivelato essere del tutto singolare e non conosce precedenti.

La Risoluzione 1973 e l’astensione cinese

La Risoluzione 1973 è stata approvata con 10 voti a favore e 5 astensioni. Da un lato Francia, Gran Bretagna e USA hanno affermato “la necessità di intensificare gli sforzi per trovare una soluzione alla crisi che risponda alle richieste legittime del popolo libico”, dall’altro il Bric (i giganti economici Brasile, Russia, India e Cina) fa fronte unito e non sottoscrive la Risoluzione ma si astiene.

I cinesi sembrano voler evidenziare l’asimmetria tra la vocazione originaria delle Nazioni Unite, sede di conciliazione pacifica dirimente il conflitto, e la decisione di abbandonare la via diplomatica, quindi la rinuncia alla intermediazione dell’Unione Africana e del Venezuela, per quella militare.

Jiang Yu si è espressa in tal modo:

la Cina sostiene l’impegno dell’inviato speciale per la Libia del segretario generale delle Nazioni Unite, dell’Unione Africana e della Lega araba per risolvere la situazione corrente in Libia in un modo pacifico. […] Considerando la preoccupazione e le motivazioni di alcuni paesi arabi e dell’Unione Africana e considerando la situazione speciale in Libia, la Cina e alcuni paesi si sono astenuti dal votare la bozza della risoluzione.[…] L’attuale situazione in Libia dovrebbe essere risolta attraverso il dialogo ed altri mezzi pacifici”.

Gli obiettivi nodali decisi con la Risoluzione sono:

  • proteggere i civili e le aree popolate civili sotto la minaccia di un attacco nella Jamahiriya araba libica, tra cui Bengasi, pur escludendo una forza di occupazione straniera di qualsiasi forma”;
  • divieto su tutti i voli nello spazio aereo della Jamahiriya araba al fine di proteggere i civili”;
  • invita tutti gli Stati membri, in particolare gli Stati della regione, che agiscono a livello nazionale o tramite le organizzazioni regionali o gli accordi, al fine di garantire l’attuazione rigorosa dell’embargo sulle armi stabiliti dai paragrafi 9 e 10 della risoluzione 1970 (2011) […]”;
  • Decide che tutti gli Stati devono negare l’autorizzazione a qualsiasi aeromobile registrato nella Jamahiriya araba libica o posseduti o gestiti da cittadini libici o aziende, a decollare da, atterrare in o sorvolare sul loro territorio, a meno che il volo nello specifico sia stato approvato in anticipo da parte del Comitato, o nel caso di un atterraggio di emergenza”;
  • Decide che tutti gli Stati devono negare l’autorizzazione a qualsiasi aereo che decolla, atterra o sorvolasul loro territorio, se hanno informazioni che forniscono fondati motivi per ritenere che l’aereo sia utilizzato per la fornitura, la vendita, il trasferimento o l’esportazione di cui è vietata da paragrafi 9 e 10 della risoluzione 1970 (2011), come modificato dalla presente risoluzione, compresa la fornitura di armati personale mercenari, tranne nel caso di un atterraggio di emergenza”;
  • Decide che l’asset congelare imposto dal paragrafo 17, 19, 20 e 21 della risoluzione 1970 (2011) si applica a tutti i fondi, altre attività finanziarie e risorse economiche, che sono nei loro territori, che sono possedute o controllate, direttamente o indirettamente, dalle autorità libiche”

La Risoluzione 1973 approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha posto l’urgenza della tutela della popolazione civile come presupposto prioritario, sostanziale e giustificativo della istituzione del divieto di sorvolo aereo sulla Libia, fortemente voluto da Francia, Gran Bretagna e USA.

Se prima d’ora la tutela della sovranità nazionale aveva costituito il fondamento del non interventismo nelle situazioni di crisi interna di uno degli stati membri, con il riconoscimento della necessità di protezione dei civili si è creato un precedente per ingerire nella dimensione interna di ciascun Paese, annullando i vincoli assoluti di quella stessa sovranità che determina l’indipendenza della gestione politica della crisi sul territorio e sulla popolazione.

Odyssey Dawn sulla Libia: reazioni cinesi

All’indomani della prima azione armata sulla Libia, l’offensiva denominata Odyssey Dawn, la Russia e la Cina hanno espresso il loro rammarico per “l’approvazione frettolosa della risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite” e come ha dichiarato il Ministro Alexander Likashevich hanno reclamato “la fine immediata di questo bagno di sangue in Libia, per consentire l’avvio di un dialogo”.

Le “riserve” che Pechino aveva avanzato rispetto alla Risoluzione 1973 si sono trasformate in una “ferma opposizione della Cina all’uso della forza in generale e in Libia in particolare, temendo perdite di vite umane”, come ha affermato il Ministro degli Esteri Yang Jiechi.

Li Baodong ha così dichiarato:

Il Consiglio di sicurezza deve conformarsi alla Carta dell’Onu ed alle norme che reggono la legge internazionale e deve rispettare la sovranità, l’indipendenza, l’unità e l’integrità della Libia e risolvere per via pacifica l’attuale crisi in Libia. La Cina si è sempre opposta all’uso della forza nelle relazioni internazionali”.

Russia e Cina si sono allineati con l’Unione Africana e con la Lega Araba, condividendone le perplessità e le preoccupazioni.

Amr Mussa, il Segretario Generale della Lega, prima di incontrare Ban Ki Moon al vertice del Cairo del 21 marzo si è così espresso: “Quello che vogliamo è proteggere i civili, non bombardarne altri […] La protezione dei civili non richiede operazioni militari”.

E Ould Abdel Aziz, in rappresentanza dell’Unione Africana, ha ribadito che: “Rifiutiamo ogni intervento militare straniero nel paese libico, quale che sia la forma. La situazione esige un’azione urgente per una soluzione africana alla gravissima crisi che sta attraversando questo paese fratello”.

L’operazione militare condotta da Francia, Gran Bretagna e USA ha da una parte rafforzato i legami della Russia e della Cina con l’Unione Africana e la Lega Araba, dall’altra ha reso manifesta la convergenza decisionale del BRIC e il suo proposito di costituirsi come modello virtuoso cui ispirarsi per i Paesi in via di sviluppo africani, asiatici e sud-americani.

L’anomalia libica

L’acuirsi della crisi libica preoccupa la Russia e la Cina, tuttavia i due Paesi non hanno esercitato il loro diritto di veto, non hanno bloccato l’intervento aereo sulla Libia.

Se l’astensione della Germania si inquadra in un contesto di fragili equilibri nella politica interna del Paese alla vigilia di nuove elezioni, quelle di Cina e Russia si riflettono sui loro reciproci interessi economici ed energetici in Libia, sulla urgenza di tutelare gli accordi bilaterali stipulati con Gheddafi ma senza opporsi agli USA così fortemente da impedirne l’azione.

Eccola, l’anomalia della crisi libica. La storia delle votazioni in seno alle Nazioni Unite testimonia l’immobilismo e la ripetitività della risposta cinese nei confronti delle operazioni di intervento promosse dagli altri Paesi della comunità internazionale: “nessun Paese è perfetto” tuonavano i cinesi.

La Cina, coerente al principio di non ingerenza, ha spesso opposto il veto alle risoluzioni ONU dirette a bloccare i governi intransigenti, come in questi ultimi anni i provvedimenti presi nei confronti di Myanmar, Zimbabwe e Corea del Nord. Anche se gli interessi in gioco non erano sostanziali per i cinesi.

A rendere ancora più insolito l’approccio cinese alla questione libica è però l’annuncio del leader libico che il 14 marzo ha invitato le imprese cinesi, russe e indiane a sostituire quelle occidentali nello sfruttamento delle risorse petrolifere del Paese dopo aver ricevuto i rispettivi ambasciatori.

La minaccia di Gheddafi alle aziende occidentali avrebbe rafforzato quindi gli interessi cinesi in Libia, garantendo al Paese di Mezzo l’accaparramento di grossi quantitativi di greggio, un “posto al sole” nello spazio nord-africano e un sicuro accesso al Mediterraneo. Un presupposto più che ragionevole per opporre il veto in sede di Consiglio di Sicurezza.

Tuttavia, rispetto alla questione libica, sembra che i cinesi abbiano prediletto prioritariamente l’assicurazione della protezione dei 32000 connazionali e dei civili libici al sostegno del regime di Gheddafi. Quattro aerei militari e una fregata cinese, di stanza nel Golfo di Aden per operazioni anti-pirateria, sono stati impiegati per le azioni di evacuazione e soccorso.

La penetrazione cinese in Libia è forse così radicata nel territorio libico da rendere indispensabile la presenza di Pechino nella regione, a prescindere dagli esiti delle operazioni NATO e dalla sorte che spetterà al regime di Gheddafi. La forza economica della Cina, i miliardi di dollari investiti nei progetti di irrigazione del Sahara occidentale, nelle infrastrutture e nella comunicazione nel nord Africa, è così solida da rendere il Paese di Mezzo il partner commerciale più corteggiato e ambito dell’intero globo.

La Cina sembra non temere di non rientrare in una futura spartizione del bottino.

Le relazioni sino-libiche: vuoti e pieni

Tra il 2009 e il 2011 le relazioni bilaterali tra la Repubblica Popolare Cinese e la Jamahiriya Libica si sono consolidate a seguito di numerosi scambi e visite reciproche ad alto livello, come quella che il Ministro per l’insediamento e lo sviluppo urbano Jiang Weinxin ha fatto in Libia in rappresentanza del presidente Hu Jintao durante la commemorazione per il 40esimo anniversario della rivoluzione libica del 1969.

La partecipazione della Cina ai vertici dell’Unione Africana (il 13° si è tenuto proprio in Libia) e agli incontri del Movimento dei non allineati ha favorito la piattaforma del dialogo e la simmetria di condivisi orientamenti strategici, accrescendo l’influenza cinese nello scacchiere africano e i progetti di cooperazione nel settore energetico, nel settore infrastrutturale e delle comunicazioni.

Durante il Forum ministeriale sulla cooperazione Cina-Africa, il primo ministro cinese Wen Jiabao ha rigettato le accuse di neo-colonialismo e di sfruttamento delle risorse energetiche del continente africano affermando che:

L’affermazione a mio parere è totalmente insostenibile. Chi pone in realtà queste domande? Sono gli Stati africani o è l’Occidente a guardare nervosamente?”

Eppure anche gli Stati africani hanno iniziato a manifestare le loro remore sugli interessi cinesi nel continente.

A far traballare l’ascendente cinese in Nigeria, in accordo con quanto ha affermato Sichor, è la discrasia tra la pulsione interventista cinese sul piano economico e la dichiarata non ingerenza su quello politico, la mancanza di trasparenza e l’indifferenza di Pechino rispetto alla violazione dei diritti umani e alla corruzione imperante in taluni governi del continente.

È tuttavia dalla Libia che è giunta la critica più inattesa. A seguito del vertice del Forum sino-africano tenutosi in Egitto nel 2009, il Ministro degli Esteri libico pur riconoscendo l’importanza del ruolo di bilanciere dell’ordine internazionale ricoperto dalla Cina, ha sottolineato:

“Quando guardiamo la realtà dei fatti si scopre che c’è qualcosa di simile ad una invasione cinese del continente africano. […] Per questo consigliamo ai nostri amici cinesi di non seguire questa direzione, di non portare cioè [sic] migliaia di lavoratori cinesi in Africa con il pretesto del lavoro, perché l’Africa è colpita dalla disoccupazione “.

Il governo libico ha storto il naso di fronte ai tentativi di Pechino di evitare di interloquire con l’Unione Africana, e a quella sua predilezione per le relazioni bilaterali in luogo del multilateralismo promosso all’interno delle organizzazioni regionali. “La Cina vuole collaborare con l’Africa intesa come nazioni separate” dichiarava il governo di Gheddafi.

Sostegno politico. Si, è il sostegno politico che la Libia ha reclamato a gran voce prima che la Rivoluzione del Gelsomino dilagasse per il nord Africa:

“Un’autentica cooperazione deve includere la politica […] e non dovrebbe essere limitata alla costruzione di strade e scuole. È vero che ciò è necessario, ma la cooperazione internazionale non è basata sulla costruzione di edifici e sul dare aiuto, ma piuttosto sulle posizioni politiche “.

Il Ministro degli Esteri libico in quell’occasione sottolineò come i cinesi avessero disatteso le speranze dei Paesi africani non aiutandoli ad ottenere un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, anzi remando contro.

Wu Jintao in occasione della visita di Sayf al Islam a Pechino per la celebrazione del 61 anniversario della Repubblica cercò di colmare le falle dei rapporti bilaterali con la Libia. Il presidente cinese evidenziò come i piani programmatici dei due Paesi convergessero rispetto alle “grandi questioni regionali e internazionali come i diritti umani, la riforma delle Nazioni Unite, il cambiamento climatico e la crisi finanziaria internazionale” ed entrambi fossero pronti ad intensificare “la cooperazione su progetti di grande portata nei settori di sviluppo delle infrastrutture, dell’energia e delle miniere di sviluppo delle risorse e delle telecomunicazioni”.

Una profonda frattura nei rapporti sino-libici si è determinata a seguito della scelta del governo di Gheddafi di mantenere significativi rapporti formali con Taiwan. Nonostante la Libia avesse riconosciuto la Repubblica Popolare Cinese nel 1971, le relazioni diplomatiche con Taiwan furono mantenute fino al 1978.

La visita del figlio del leader libico, Sayf al-Islam Gheddafi, al presidente Chen Shui-bian a Taiwan, in prospettiva dell’istituzione di uffici di rappresentanza nei rispettivi Paesi e quindi di un rafforzamento dell’amicizia tra i due, ha acuito la frattura tra Tripoli e Pechino, già angustiato per il fallimento della trattativa di acquisto della società petrolifera Verenex da parte della China National Petroleum Corporation, osteggiato dalla Libia.

Una chiave di analisi ed interpretazione dello sviluppo attuale delle relazioni sino-libiche, quindi dell’astensione cinese rispetto alla Risoluzione 1973, deve forse riscontrarsi in questi vuoti della strategia cinese in Libia.


*Maria Dolores Cabras è laureata in Relazioni internazionali (Università di Firenze)

Fonti:

China and Libya, Ministry of Foreign Affairs of the People’s Republic of China, in: http://www.fmprc.gov.cn/eng/wjb/zzjg/xybfs/gjlb/2848/t16387.htm#

Yitzhak Shichor, Libya Cautions China: Economics Is No Substitute to Politics, in: http://www.jamestown.org/single/?no_cache=1&tx_ttnews%5Btt_news%5D=35793

China regrets multinational air strikes in Libya, in http://www.bangkokpost.com/breakingnews/227664/china-regrets-multinational-air-strikes-in-libya

China’s top legislator meets Libyan guest, in http://www.gov.cn/english/2010-10/01/content_1714590.htm
China regrets multinational air strike against Libya, in: http://www.newstrackindia.com/newsdetails/210963The China-Libya Connection, in: http://newsflavor.com/politics/international-relations/the-china-libya-connection/
China: No-fly zone in Libya not yet an issue in Security Council, in: http://www.monstersandcritics.com/news/asiapacific/news/article_1623226.php/China-No-fly-zone-in-Libya-not-yet-an-issue-in-Security-Council
Libya shows China the burdens of being a great power, in: http://www.eastasiaforum.org/2011/03/06/libya-shows-china-the-burdens-of-being-a-great-power/
Libia/Gheddafi: olio e petrolio a India, Cina e Russia in: http://www.wallstreetitalia.com/article.aspx?IdPage=1095212
LIBIA: A TRIPOLI CONFERENZA SU RAPPORTI PAESI ARABI-CINA, in: http://www.ansamed.info/it/libia/news/MI.XAI02295.html

Gravissima la Risoluzione 1973 del CDS delle Nazioni Unite sull’intervento militare in Libia, in: http://www.unmondonuovo.it/news/index.php?option=com_content&view=article&id=540:gravissima-la-risoluzione-1973-del-cds-delle-nazioni-unite-sullintervento-militare-in-libia&catid=40:editoriali

www.greenreport.it/_new/index.php?… 1/2

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